La storia di Leo Messi, da vittima di bullismo a leggenda
Sarebbe bastati guardarlo cinque minuti per capire che questo bambino non era uguale agli altri, eppure solo il suo papà lo aveva intuito che lui sarebbe diventato il più forte di tutti Figlio di Jorge e Celia, un operaio di acciaieria e una donna delle pulizie, Lionel nacque in Argentina il 24 giugno 1987 in quartiere molto povero di Rosario . Sin da piccolissimo toccava il pallone come se l’avesse già conosciuto in un’altra vita, tanto che suo padre decise di farlo giocare a 4 anni con i bambini di 6 anni per metterlo alla prova e quando a 9 anni mise per la prima volta piede in un campo di calcio a 11, quel rettangolo verde divenne il palcoscenico di uno spettacolo destinato a segnare la storia del calcio.
Lionel era un bambino così timido che negli spogliatoi veniva bullizzato dai compagni, per quelle orecchie strane e la sua statura da “Pulce” come venne soprannominato che lo facevano sentire come un estraneo del suo stesso sogno. Quando a 11 anni gli venne diagnosticato una forma di ipopituitarismo, il famoso blocco degli ormoni della crescita, sembrava destino che il fiore del suo talento non sarebbe mai sbocciato. E invece Jorge non ci pensò a rassegnarsi, così prese quel fiore e lo mise al riparo da qualsiasi tempesta. Nonostante i 234 gol in 179 partite il Newell’s Old Boys non poteva permettersi di pagargli le cure e anche il River Plate, dopo averlo notato, decide di non investire su di lui. Per trovare quei 900 dollari al mese, una cifra troppo alta da pagare per la famiglia, Jorge portò Leo in Spagna dove la loro strada si incrociò con quella di Carles Rexach, l’osservatore del Barcellona: “Mi è bastato vederlo giocare 5 minuti per capire che avevo di fronte un giocatore incredibile”.
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leo messi